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Retrospettiva sulla saga di Phantasy Star, la sua nascita, i suoi creatori, la sua evoluzione
 

Nascita di una leggenda:

Phantasy Star nasce sulla fine degli anni ’80 come uno di quei progetti di Sega contro tutti alla conquista del mondo. Progetti creati ad hoc, a tavolino, con un preciso scopo. Un po’ come Sonic nato per trascinare il marchio della casa e rendere il tutto più cool, più veloce, più travolgente, ma questa è un’altra storia. La storia di Phantasy Star inizia un poco prima, quando il Giappone impazzì di colpo per i giochi di ruolo con un certo Dragon Quest. Sega non voleva essere da meno, ed i dirigenti del periodo ben consci del potenziale del genere si mobilitarono per realizzare un jrpg tutto loro. Phantasy Star quindi doveva essere il cavallo di Troia di Sega in questo nuovo mondo e venne creata una squadra micidiale capace di riuscire nell’impresa. Uscì inizialmente sull’ammiraglia Master System ma era solo l’inizio. Era un progetto ad ampio raggio che guardava già verso il futuro e verso la prossima console di casa Sega, che di lì a poco avrebbe fatto la sua comparsa iniziando un nuovo corso. Phantasy Star fin dal principio venne visto come una delle pedine di questa prossima avventura, non certo come uno dei canti del cigno della prestante ma non certo fortunata console ad 8 bit. Su Master System era giusto l’esordio per qualcosa che di lì a poco avrebbe affascinato con i suoi seguiti migliaia di giocatori sparsi per il mondo, diventando uno dei primissimi generi ad avere un forte seguito ed una sua decisa schiera di fan. Si crearono i primi fan club non ufficiali, con lettere e disegni a riempire le riviste dell’epoca. Con i jrpg c’erano finalmente valanghe di argomenti dei quali parlare, intrecci sui quali viaggiare. Era una nuova era del videogioco, fatta di emozioni che andavano oltre la pura azione di gioco e che erano studiate ed inserite in universi specifici. Phantasy Star era parte integrante di tutto questo.
Il progetto come detto era uno di quelli adatti a riscrivere la storia e la squadra addetta ai lavori non doveva essere quindi da meno. Sega of Japan studiò con attenzione i percorsi dei suoi guru del momento e scelse con attenzione ogni partecipante all’impresa. Il piccolo gruppo racchiudeva al suo interno alcune figure che già avevano dato tanto nelle file del colosso nipponico e che in seguito avrebbero cambiato per sempre il mercato, scrivendo alcune delle pagine più belle dell’azienda.
 

Una squadra micidiale:

Tra le due figure più di spicco e che vengono sempre ricordate anche dai fan meno attenti rientrano senza dubbio Yuji Naka, in quegli anni non ancora il Mr Sega che tutti conosceranno, così la giovane Rieko Kodama, ai tempi nota sotto il pseudonimo di Phoenix Rie e quindi Lady Rpg per le sue gesta nel genere. Gesta iniziate ovviamente con il nostro Phantasy Star. Yuji Naka ai tempi era uno dei programmatori più in forma di Sega, si era subito fatto riconoscere per la sua praticità, la sua professionalità e per l’amore incondizionato verso quello che faceva e verso la casa per la quale lavorava. Un perfezionista. Entrato in Sega nel 1984, affascinato da sempre dal codice e dalla programmazione, aveva una vera e propria passione per i giochi di guida e per la velocità (non a caso partorì con il Sonic Team quel Sonic che ben conosciamo). Seppur ancora giovane le sue idee ed i suoi lavori colpirono subito i dirigenti Sega che trovarono in lui una pedina chiave per il successo dell’rpg che si andava creare.

Kodama invece iniziò differentemente il suo percorso nelle maglie del gigante del videogioco. Appassionata di arte e disegno iniziò a studiare design pubblicitario e si avvicinò a Sega grazie ad un ex compagno di corso che ci lavorava. Inizialmente lavorò nel suo campo, partecipando a diverse campagne pubblicitarie, fino a quando un giorno passò tra gli studi di programmazione di Sega of Japan per rimanerne folgorata. Il suo battesimo di fuoco non poteva che essere dei migliori, il suo talento venne subito notato e venne indirizzata al settore arcade, vero e proprio fiore all’occhiello da sempre di Sega. Le venne data la chance di disegnare i personaggi di un certo Champion Boxing programmato da un certo Yu Suzuki all’interno di una certa Am2. Praticamente l’opportunità della vita. Kodama, che di talento ne aveva da vendere, non se la lasciò scappare e Suzuki, che già a quei tempi all’interno di Sega era visto come una divinità, ne restò positivamente impressionato. Era nata una stella. Prima di Phantasy Star così Kodama partecipò a decine e decine di giochi. Il suo talento era così noto all’interno del palazzo bianco, che ogni tanto veniva chiamata anche solo per disegnare qualche nemico o qualche boss portandola così a lasciare il segno un po’ ovunque. Nel settore console una importante opportunità arrivò con Alex Kidd in Miracle World, titolo sul quale Sega of Japan puntò tantissimo per supportare il suo hardware e che grazie al successo riscosso, fece coppia con Opa Opa come mascotte della casa fino all’arrivo del riccio blu. Il passaggio a Phantasy Star sarebbe stato breve.

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Sega infatti scelse come main planner del team di Phantasy Star Kotaro Hayashida, meglio noto ai fan dei credits come Ossale Kotha. Hayashida uomo di grande esperienza era il padre proprio di quell’Alex Kidd così importante di cui sopra. Ricordando le passate esperienze ed il lavoro in Miracle World, quindi insistette fin da subito per aver Kodama tra i suoi. I capi di Sega non potevano che concordare con questa scelta. Avevano la scrivania piena dei lavori dell’artista e sapevano che era la persona giusta per l’impresa. Kodama si occupò così dei personaggi principali (Alis e Lutz, il suo preferito), di quelli secondari, degli sfondi visibili durante le battaglie e delle mappe 2d. Il piccolo team, conosciuto come RD4, ovviamente non era ancora completo ma le altre figure chiave non mancarono ad arrivare. Collaborarono future stelle come Naoto Oshima (che dopo aver disegnato Odin in Phantasy Star la sua matita partorirà niente poco di meno che Sonic e Robotnik) o Hitoshi Yoneda che disegnerà successivamente le cover di Phantasy Star II e IV. Al comparto sonoro si puntò su un altro astro nascente, Tokuhiko “BO” Uwabo. “Bo”, ancora oggi una delle figure più misteriose degli anni d’oro di Sega, ai tempi era già una stella tra i suoi colleghi. Partì in quarta come compositore delle bellissime tracce di Alex Kidd per poi occuparsi di porting arcade importantissimi come Fantasy Zone e Space Harrier. La scelta ovviamente non fu infelice, i dungeon di Naka ed i disegni di Kodama vennero accompagnati da tracce epiche e travolgenti che ancora oggi ascoltate nelle versioni originali nipponiche, supportate da un chip FM di miglior qualità, riescono a strappare un brivido ed una lacrima ad ogni appassionato della saga. Dei veri e propri inni di gloria a sostegno della battaglia audiovideo di Sega. La potenza audio venne così miscelata ai disegni che accompagnavano la narrazione, alle battaglie in prima persona piene di giganteschi mostri completamente animati ed al vero e proprio capolavoro di Yuji “Muuuu” Naka, dei dungeon in scrolling 3d che lanciavano oltre l’ostacolo la console Sega e che ancora oggi sono lì a raccontarne e testimoniarne le imprese.

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Il fascino di Naka per la velocità ed il movimento si sposò al meglio con la filosofia di Sega del cambiare le cose e di farle diversamente dagli altri. Se gli rpg di Square ed Enix erano statici e 2d, quello di Sega doveva essere necessariamente movimentato e per quanto possibile 3d. Si seguì quindi il concept originario di tenere sempre qualcosa in movimento e cercare di andare controcorrente rispetto al concorrenza. Più che una filosofia di vita in casa Sega. Fu così che i nemici iniziarono a muoversi, così come il mare, i dungeon diventarono 3d e il protagonista era niente poco di meno che una ragazza: Alis Landale, lì nell’olimpo delle eroine con Samus Aran e a quei tempi poche altre fortunate. L’universo di Phantasy Star non era da meno a questo cambio di tendenza e si basava come oggi su un vero e proprio misto tra sci-fi e fantasy con una buona dose di mitologia greca (e non solo). Sega che da sempre era attenta al mercato occidentale, non si accontentò di ricreare un mondo fantasy nipponico ma mischiò le carte in tavola prendendo una base fantascientifica figlia della cultura occidentale inserendoci elementi cari alla cultura nipponica. Celebri da ricordare i riferimenti di Kodama a Star Wars che con i suo jedi armati di spada era un buon punto di partenza. Non fu un caso quindi che il primo Phantasy Star fu anche il primissimo jrpg ad arrivare in occidente. Un segno forse del passaggio delle consegne che ci sarebbe stato alla guida del mercato occidentale nella generazione successiva. Fin dal primo spot giapponese si cercò di insistere sulle doti tecniche del titolo, in pieno schermo facevano comparsa le parole 4M Rom ed Fm Rom ad enfatizzare il ruolo speciale che ricopriva il comparto tecnico nel titolo. Non erano solo parole, a conti fatti Phantasy Star spinse al limite il Master System diventandone il gioco simbolo e nonostante il prezzo di lancio quasi proibitivo, i giocatori ne vennero attratti come un qualcosa di una nuova generazione. Kodama e compagni però sapevano bene che non sarebbe bastato il solo comparto tecnico. Passarono notte e giorno sul background del gioco creando qualcosa di formidabile, un vero e proprio universo dove far viaggiare i nostri eroi e dove perdere la testa tra miti e intrecci. L’Algol System in poco tempo diventò un po’ la casa di tutti i giocatori, e con i successivi capitoli ed i frequenti richiami tra un gioco e l’altro, ogni singola frase iniziò ad acquistare significato, diventando la chiave per la spiegazione di qualche evento oppure un’ulteriore sua complicazione. Qualcosa che è capace di animare ancora oggi i dibattiti tra gli appassionati.

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Il sogno continua:

Il progetto Phantasy Star con l’arrivo del Mega Drive entrò in una nuova dimensione. Per i guru Sega le limitazioni dell’hardware precedente e gli stratagemmi per superarle diventarono un lontano ricordo. Il potenziale sembrava infinito e scomparirono i motivi per l’accantonamento di alcune idee, come per esempio l’impossibilità di utilizzare ombre negli sfondi aggirata con l’utilizzo di una immagine specchiata per risparmiare memoria. Era un lontano ricordo anche il poco spazio da dedicare alle animazioni dei nemici, che portò spesso e volentieri Gamer Miki (Miki Morimoto) ed i suoi colleghi a fare notte fonda e a dormire quindi sulle sedie della sala meeting. Era ormai lontana anche l’immagine di un Naka sveglio tutta la notte per cercare di fare spazio all’ultimo momento per artwork dei titoli di coda per la gioia di Kodama. Il team continuò a lavorare così da ritrovarsi pronto per il seguito a 16bit. Non ci furono grossi stravolgimenti se non l’importante arrivo di Tohru Yoshida che prese in mano il design del gioco ed aiutò Kodama nel portare Phantasy Star ed Algol in una nuova dimensione. Da poco entrato in Sega riuscì nel partire fin da subito con un titolo così importante, regalando due dei boss più ispirati di sempre, una Dark Force particolarmente tenace e soprattutto una Mother Brain protagonista di un travolgente finale. La collaborazione tra “Yoshibon” e Kodama era solo all’inizio, li ritroveremo insieme su Phantasy Star IV e qualche anno più in là su Skies of Arcadia. Nello staff ci fu anche la promozione di Chieko Aoki che si occupò della storia del gioco e ad un certo punto dello sviluppo decise, sotto sostegno di Naka, del particolare cambiò di rotta sul main hero, cambiando Lutz con Rolf. Ci fu inoltre la conferma dei fedeli designer Hitoshi “Yonesan” Yoneda e Naoto “Big Island” Oshima. Il risultato di questa squadra potenziata fu qualcosa di mastodontico per l’epoca, Algol era sempre lì, ma maturato con gli anni, cambiato, forse stravolto. L’erba dove prima c’era il deserto, il progresso tecnologico, l’aria cyber punk accompagnata costantemente dai toni drammatici, innocenti e disperati del sempre presente “Bo”. Phantasy Star II portò l’intero genere ad un livello successivo, catapultandolo in una storia ricca di momenti epici e colpi di scena, con dei personaggi principali perfettamente caratterizzati ed il tema cupo ed allora inedito della morte che all’improvviso porta via uno di questi. Phantasy Star II per i primi due anni di vita del Mega Drive restò uno dei principali protagonisti delle campagne pubblicitarie di Sega, diventando il primo vero trascinatore della nuova macchina ed uno dei suoi simboli, passando la mano solo una volta uscito Sonic. Sega puntò molto sul titolo accompagnandolo con una confezione deluxe con tanto di mappa ed hint book a colori, pieno di mappe e strategie. Questa volta Sega optò per uno spot diverso, presentando scene del gioco ed una bella rassegna di nemici sul loro sfondo blu sci fi. Il messaggio però puntava nuovamente sul versante tecnologico: “16 Bit Rpg”, non esistevano rivali o perlomeno erano ancora una generazione indietro.

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Cambiando le carte in tavola:

I preparativi per un terzo capitolo non iniziarono nei migliori dei modi. Naka lasciò il team assieme ad Oshima, era arrivato il momento infatti di cambiare il mercato e Sega per sempre con la progettazione di una nuova mascotte. Sonic coinvolse l’intera azienda ed al suo sviluppo partecipò la stessa Kodama e tanti altri personaggi illustri. Gran parte dei veterani del team di Phantasy Star vennero assorbiti da altri progetti e molti di loro collaborarono a Scorcerian, Super Thunder Blade e Shadow Dancer. Fu così che Phantasy Star III si ritrovò senza nessuna linea guida, con un unico sopravvissuto: Hiroto “Psyche” Saeki (poi “S2”), l’assistente di Aoki in Phantasy Star II. Sega gli affidò la nave affiancandolo con alcuni reduci del porting di Golden Axe e alcune giovani promesse come il compositore Izuho “Ippo” Takeuchi ed la designer Toyo Ozaki. Con un forte bisogno di spingere Sonic e concentrarsi su altri titoli, Sega puntò quindi sul forte successo della saga per cercare di venderne anche il seguito, dando fiducia incondizionata e carta bianca al nuovo staff. Phantasy Star III spiazzò gran parte dei fan. Da una parte ci fu un netto cambio di rotta, anche nello stile del gioco più vicino al fantasy medioevale che allo scifi passato (ma che comunque persisteva e vide la comparsa di nuovi elementi inediti per la saga), dall’altra non mancarono comunque innumerevoli aggiunte ed innumerevoli tocchi di classe. “Ippo” riuscì nell’impresa di sostituire “Bo”, realizzando alcune tracce formidabili, come il theme iniziale, caratterizzato da un’intro martellante ed un tono trionfeggiante adatto alle grandi occasioni. Anche la penna di Toyo Ozaki lasciò il segno, disegnando alcuni dei personaggi più celebri della saga, come i cyborg Mieu e Wren ed i famosissimi Rappy. Insieme a suo marito Masaki Segawa realizzarono alcuni degli artwork più amati tra i fan della saga.

Saiki, nonostante i tempi ristretti riuscì nell’intento di creare un universo completamente nuovo e nello stesso tempo riallacciarlo in qualche modo a quello passato. Così come riuscì nel creare l’originalissima serie di generazioni con la possibilità per il giocatore di scegliere moglie e quindi futuro figlio/protagonista o ancora l’allettante confronto tra le due culture/fazioni Laya ed Orakio. La fiera rassegna di nemici dello spot di Phantasy Star II lasciò spazio a degli attori non certo ispiratissimi, accompagnati dalla scritta “King of RPG” che tuonò per tutta la campagna pubblicitaria di Sega. Quando una sera finalmente i programmatori finirono il gioco, alcuni come K.T collassarono letteralmente negli uffici dopo aver passato innumerevoli nottate svegli al lavoro. Per le notti a venire sognarono “S2” preso dal panico per aver scovato qualche bug che chiedeva il loro aiuto ed immediato intervento. Non andò però tutto come doveva andare. I toni epici del gioco, la storia affascinante, la bellissima Laya e le note di “Ippo” non salvarono completamente l’opera di Saeki. Mancava la praticità di Naka nell’affrontare determinati problemi, alcuni passi non erano completamenti chiari così come alcune scelte del battle system e non c’era stato il tempo necessario per perfezionare al meglio il tutto.

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L’ultimo tassello:

Sega rifondò il team confermando il solo Takeuchi e iniziò a riassoldare truppe fresche. Rieko Kodama venne contattata come figura chiave per ripartire da capo. Le venne chiesto di cercare di riunire i vecchi partecipanti all’impresa in modo da riprendere il feeling originale e tirare fuori un nuovo capitolo della saga. Con il tempo come peggior nemico, Kodama incontrò Tohru Yoshida il quale aveva le idee chiare su come ripartire. La leggenda vuole che Yashida partorì il tutto mentre si prendeva una pausa in… bagno. Sega entusiasta di aver ricompattato il micidiale duo diede anche questa volta totale campo libero. Ma non c’era da sorprendersi. Erano tempi diversi dove i programmatori in una casa rivoluzionaria come Sega avevano il quasi totale supporto per ogni loro idea. La direzione dava gli ordini, “fare un rpg come si deve il più presto possibile”, ma il resto era tutto nelle mani dei maestri. Il team di PSIV risultò una vera e propria fucina di talenti, come Kazuyoshi Tsugawa, successivamente figura chiave di Overworks o Akinori Nishiyama, uno dei futuri leader del Sonic Team. I due si ritrovarono in pochi anni da fieri giocatori della saga a tasselli di quest’ultima. Il primo si concentrò sul Battle System con un altro elemento chiave di Overworks/Sega Wow, Yoshiaki Endo, ed insieme collaborarono al design di tantissimi elementi. Endo era uno dei più giovani del team ed al contrario degli altri non aveva mai sfiorato la saga. Per recuperare si chiuse da qualche parte con una copia di Phantasy Star II con tanto di Hint Book e iniziò a riempire un quaderno pieno di appunti. Sega diede man forte al team aggiungendoci alcuni dei suoi ultimi acquisti, come nel caso di Makoto Hunabashi che si occupò di riprodurre i nemici nelle battaglie e giocò Phantasy Star IV solo dopo averne scordato i loro punti deboli. Il team aveva in mente tantissime idee, a volte persino contrastanti tra loro, ma superò ogni indecisione e notte insonne. Inizialmente sulle riviste americane come GamePro il giocò uscì allo scoperto come Phantasy Star IV: The Return of Alis, previsto in due formati, cartuccia e cd, per sfruttare al meglio il nuovissimo add-on Mega Cd. Successivamente si iniziò a parlare di End of the Millenium e su EGM comparirono le prime scottanti informazioni come il ritorno al dungeon 3d e la presenza di filmati con tanto di dialoghi. I progetti però cambiarono probabilmente a causa delle scarse vendite della periferica. I piani per un gioco grande 20 volte il suo predecessore vennero cambiati e riportati nel ristretto mondo delle cartucce. I programmatori Sega tuttavia non si demoralizzarono. I giovani si abituarono ben presto a dormire in ufficio e si ricominciò come ai vecchi tempi a lavorare fino allo sfinimento.

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Nonostante il passo indietro come supporto sul quale lavorare, il team si adoperò al meglio per rivoluzionare la saga. Phantasy Star IV uscì fuori come un gioco capace di catturare il giocatore con un epico confronto tra bene e male, accompagnato da tantissime sottomissioni e storie parallele. I riferimenti al passato erano continui e le chicche nascoste non mancarono, come i riferimenti nei libri presenti nel gioco a personaggi come Sonic. Phantasy Star IV rivoluzionò anche per il suo battle system grazie alle bellissime combo eseguibili, come le pre-programmate “Macro”. Il comparto tecnico come da tradizione all’avanguardia chiuse il cerchio. Per le illustrazioni venne scelto per il Giappone il veterano Hitoshi Yoneda e per il mercato occidentale il pittore peruviano Boris Vallejo. Vallejo venne reclutato da Sega of America grazie alla sua fama come disegnatore fantasy e collaborò successivamente anche alle celebri cover di Ecco the Dolphin e Golden Axe II. Dipinse tre versioni della cover leggermente differenti tra loro e la dirigenza americana entusiasta per il lavoro le appese nel corridoio principale della sede di Redwood. Sega era decisa più che mai a chiudere con un capitolo indimenticabile e nulla venne lasciato al caso, proprio come ai vecchi tempi. Lo spot pubblicitario accompagnò questa trionfante cavalcata. Più lungo dei precedenti era accompagnato da una musica epica e dal ritorno delle scene in game.

Phantasy Star IV colpì nel segnò. Riscosse un grandissimo successo e difficilmente deluse i fan più devoti. Nonostante tutto non uscì più nessun seguito per la saga. Kodama e gli altri lavorarono ogni giorno di quei mesi guardandolo come un capitolo conclusivo e quindi dedicandogli ogni attenzione. E anche se con il suo amico Yoshida all’idea di un seguito ci tornarono più volte in innumerevoli interviste, il nome di Phantasy Star restò legato agli spinoff (usciti comunque precedentemente) e alle diverse Collection. Nel 1999, quando Sega come ogni casta imperiale che si rispetti si ritrovò un’altra volta a tentare di conquistare il mondo, chiamò nuovamente il generale Naka. Era il momento di creare il videogioco online su console spingendo su un qualcosa di cooperativo e coinvolgente. Dopo svariate idee Naka ed il suo Sonic Team scelsero proprio il franchise nato su Master System. Ma seppur con affascinanti cenni e possibili collegamenti, il gioco ed i suoi seguiti usarono la saga in modo sapiente ma nello stesso tempo distaccato, senza dare ai giocatori traccia del reale seguito tanto atteso. Non mancarono comunque all’appuntamento, in attesa di quell’rpg che lasciò un segno indelebile in ognuno di loro. Una saga che si concluse con un punto esclamativo capace di dare diverse risposte ma non di chiudere il cerchio, forse proprio per lasciare la speranza di riaccendere un giorno una console e riprendere una avventura con quel nome, quel sound epico e quelle storie capaci di generare con i loro intrecci, miti e riferimenti, interminabili ed appassionate discussioni. Libri, artbook, hintbook, una miscela di collegamenti, voglia di sapere e di condividere. Emozioni inarrivabili ed invidiabili, preminenza di chi scrive la storia.

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“Sorry to make you worry, but I felt the breezes calling… so I went for a little walk!”

Credits:
Sharkone“Remember Laya’s Law”


Lo speciale è basato su un articolo pubblicato originariamente su Phantasy Star Italia, sito che ha rappresentato per 10 anni un tassello fondamentale della community di Phantasy Star (phantasystaritalia.it 2001-2011).